Nel corso dell'
EY Capri Digital Summit, che si conclude oggi, si è parlato di nuovi consumatori e sfide legate al digitale e alla tecnologia. Un'analisi realizzata da
EY e
Swg nel mese di settembre evidenzia il permanere di una sensazione di incertezza per il 53% di un campione di nostri connazionali, con oltre la metà delle famiglie italiane che mantiene un atteggiamento improntato al risparmio.
Sempre a settembre torna a crescere la tendenza ad acquistare online, con la sostenibilità come driver degli stili di consumo emergenti: viene infatti indicata dal 57% del panel. Il 34% degli intervistati tende a scegliere brand che salvaguardino il benessere di dipendenti e clienti e che, in generale, dimostrino di agire per creare un impatto positivo sulla società.
«Quasi una persona su due - commenta
Donato Ferri (nella foto), Med Consulting and People Advisory Service Leader di EY - si è spostata su valori collettivi e sociali, rispetto a quelli individuali. Si sta aprendo una stagione completamente nuova nella segmentazione della clientela e nelle strategie dei marchi. Ciò si riflette anche sulle aspettative nei confronti di istituzioni e aziende: senza un positivo senso del futuro e la fiducia nelle abilità di istituzioni e organizzazioni di fare piani concreti per il benessere collettivo non ripartiranno consumi, innovazione e pratiche sociali positive e inclusive».
La tecnologia si conferma un forte driver del cambiamento. Crescono double digit le tecnologie in grado di focalizzare l'attenzione su macro-trend emergenti, come la sostenibilità dei prodotti, la trasparenza della filiera e il rispetto delle normative, ma anche rendere l'experience delle persone sempre più omnicanale: da un lato, quindi, la blockchain o l'utilizzo dell'Rfid/Qr Code, dall'altro l'augmented e virtual reality per far vivere esperienze di acquisto immersive. In primo piano anche l'AI e il Machine Learning, indispensabili per creare modelli che consentano alle aziende di avere un time-to-market efficace.
Va detto però che il
Digital Economy and Society Index pone l'Italia al 25esimo posto su 28 Stati membri, imputandole l'assenza di una chiara roadmap digitale e un bassissimo livello di diffusione della conoscenza in quest'ambito.
EY stima che i modelli di business legati alla data economy per l'Italia potrebbero valere almeno il 2,8% del Pil, pari a 50 miliardi di euro, ma il Paese frutta circa il 10% di questo potenziale. Uno studio realizzato in collaborazione con
Ict Consulting evidenzia l'importanza di intervenire, tra i vari settori, sulle Pmi, spina dorsale del tessile-abbigliamento, delle quali meno del 30% sfrutta per esempio le soluzioni in cloud.
«Con le opportunità offerte dal
Recovery Plan - si legge in una nota di EY - è prioritario saper utilizzare reti fisse e mobili, 5G, cloud e dati, in modo da realizzare modelli integrati a vocazione industriale e di filiera, che abilitino nuove soluzioni di business».
A cura della redazione