Intervistando 9.370 consumatori in 26 Paesi per una nuova edizione della
Global Consumer Insights Survey, PwC traccia l'identikit dei consumatori new normal e delle loro abitudini di spesa.
Un dato positivo è che il 61% del panel è ottimista sul futuro, con un picco del 66% tra i vaccinati (anche parzialmente), percentuale che scende al 43% tra i non vaccinati. In particolare, l'ottimismo cresce tra coloro che lavorano in smart working o in modo ibrido (68%), mentre chi lavora fuori casa ha sensazioni un po' meno positive (58%).
Il fatto che si siano riprese le attività fuori casa avvantaggia i negozi fisici, dove stanno ripartendo gli acquisti: il 48% del campione visita infatti un punto vendita almeno una volta la settimana e il 72% prevede di andare in un centro commerciale nei prossimi sei mesi.
Da notare che non solo i Baby Boomer, come ci si potrebbe aspettare, riscoprono la passione per lo shopping fisico, ma anche i giovanissimi della Gen Z, che hanno più o meno la stessa probabilità dei genitori o dei nonni di entrare in uno store.
Si cercano soprattutto generi alimentari (41%), ma al secondo posto si piazza la moda (33%), tallonata da salute e bellezza (30%).
Se gli acquisti avvengono online, il dispositivo prescelto dal 41% dei consumatori è lo smartphone almeno una volta la settimana - ma nel caso dei Millennial si sale al 50% -, contro il 30% nel 2020 e il 17% nel 2018.
«Il fatto che i cittadini si sentano più ottimisti è promettente - commenta
Erika Andreetta, consumer markets consulting leader di PwC Italia -. È particolarmente importante che i leader aziendali prendano in considerazione i fattori che influenzano questo ottimismo e si possono controllare e influenzare, come il lavoro agile e le vaccinazioni».
La sostenibilità è sempre più un fattore chiave al momento di comprare un prodotto: il 52% degli intervistati dichiara di essere più "eco" rispetto a sei mesi fa e di prestare attenzione a trasparenza e tracciabilità, anche se il prezzo resta determinante per circa il 70%. Prioritario per oltre il 50% un servizio di consegna o ritiro efficiente.
Più che ricevere una customer experience su misura (indicata dal 22% come fondamentale), i consumatori preferiscono che dei loro dati sia fatto buon uso. L'83% afferma che le pratiche di salvaguardia dei brand in quest'ambito influenzano la loro fiducia in un'azienda e il 59% nell'ultimo semestre è diventato più protettivo quando si parla di privacy. Il 55%, inoltre, non è disposto a scambiare i propri dati per uno sconto o altri vantaggi.
«Le persone stanno diventando sempre più consapevoli della potenza dei propri dati - ribadisce Erika Andreetta -. Le realtà che cercano informazioni personali sui propri clienti devono esserne consapevoli e agire di conseguenza, evitando di inondarli con offerte su misura e capendo l'importanza di ripensare a come utilizzano l'accesso privilegiato alle informazioni personali. Un'arma che deve tornare utile per rafforzare la loro proposta di valore e promuovere la fiducia nei propri marchi».
a.b.