Nuovo corso online

In cattedra con Louis Vuitton e Moschino: parte l'academy di Fashion Magazine e Retail Hub

Con l'incontro dal titolo L'innovazione nelle strategie omnichannel si è inaugurato ieri, 18 giugno, il percorso formativo Fashion Retail & Innovation, nato dalla collaborazione tra Retail Hub, business accelerator specializzato nel settore retail, e Fashion

Nel corso di questo primo appuntamento, cui farà seguito una seconda tappa il prossimo 7 luglio, sono stati messi a fuoco insieme a big player ed esperti i grandi cambiamenti nelle preferenze ed esigenze di acquisto dei consumatori, in atto da tempo ma accelerati sensibilmente dall'emergenza sanitaria.

Oggi i canali di shopping online sono fondamentali, ma devono essere integrati con il canale fisico per consentire una vera esperienza omnichannel, in un processo nel quale i consumatori diventano sempre più una community connessa, informata e strutturata. Un percorso evolutivo in cui la parola omnicanalità viene superata, perché non basta più a definire le trasformazioni epocali in atto.

Come ha chiarito Carlo Alberto Carnevale Maffè, Associate Professor of Practice of Strategy and Entrepreneurship alla Sda Bocconi School of Management, «la sfida ora è organizzare la domanda, non solo nel percorso dell'attenzione all'acquisto, ma nel processo di condivisione dei valori e delle responsabilità sull'intero ciclo dell'esperienza».

«Si può dire che il fashion retail – ha ironizzato Carnevale Maffè - sia diventato una specie di grande "casa di appuntamenti". Se prima era la celebrazione dell'opportunismo, oggi la scarsità di tempo e di spazio ci sta insegnando a reinterpretare l'incontro tra la domanda e l'offerta in logica non più occasionale, ma organizzata. Ci incamminiamo quindi verso un processo relazionale che si basa su risorse prenotate, un po' come andare in palestra o dal barbiere».

«Oggi - ha proseguito - l'elasticità del prezzo si trasferisce nell'elasticità al servizio. Si tratta quindi di predisporre un vero servizio di clienteling, con un'allocazione di tempo, spazio, logistica e personale coordinata con la domanda. A questo punto pagamento, prenotazione e utilizzo del servizio non si svolgono tutti nel negozio, ma possono essere frammentati o addirittura migrare online».

Ma in che modo i negozi possono soddisfare i nuovi bisogni dei consumatori? Carnevale Maffè ha citato a questo proposito un'indagine di Gfk, da cui emerge che per il 68% degli italiani igiene e sicurezza sono fondamentali ma non bastano, perché il 49% degli intervistati vuole che gli store facciano riscoprire il contatto umano e il 51% chiede più tecnologia, per potenziare l'esperienza in store.

Mirena Pacchetti di Intribe, realtà specializzata in customer insight predictive analysis, ha a questo proposito raccontato come deve evolvere il punto vendita per avere appeal sul consumatore.

«Ciò che fa la differenza - ha affermato - è l'esperienza che si può vivere all'interno del negozio, che nel concetto di omnicanalità ha la funzione di fidelizzare ed essere il collettore fisico di tutte le azioni che facciamo online. Nello store fisico trovo l'ingaggio, perché mi consente di vedere, toccare, essere per così dire contornato dal brand, usando tutti i sensi per entrare in contatto con il marchio».

La chiave quindi tornano a essere le persone «e, a questo proposito, gli addetti alla vendita acquistano un ruolo sempre più determinante, cosa che manca nell'online. Non a caso si assiste al fenomeno del reverse commerce, cioè brand molto forti online, che iniziano ad aprire i loro punti vendita».

Il nuovo punto vendita, ha concluso Pacchetti, sarà innovativo, avrà specchi interattivi che grazie alla realtà aumentata consentono di provare il vestito, permetterà di acquistare da app semplicemente inquadrando il Qr code dal cartellino, darà quindi la possibilità di interagire tra online e offline mentre si è in negozio.

Sarà di sicuro di prossimità, «un trend già visto per la grande distribuzione organizzata, che ora si sta estendendo anche al fashion. Quindi si parla di spazi più piccoli ma dove trovare un servizio diverso, di alta qualità, sostenibili e accessibili, più aperti al concetto di diversità e anche umano e consulenziale, che è la vera chiave di volta, soprattutto per i brand di un certo livello».

A proposito di marchi al top, nel corso della tavola rotonda - moderata da Marc Sondermann, direttore di Fashion ed eBusiness - Mirko Marcovaldi, Director of IS&T Retail and Digital Americas di Louis Vuitton Gionata Galdenzi, E-Commerce Specialist/Ecommerce Project Manager del gruppo Aeffe (MoschinoAlberta FerrettiPhilosophyPollini) hanno parlato delle grandi trasformazioni in seno ai gruppi del lusso, che il diffondersi della pandemia ha notevolmente accelerato.

«In Louis Vuitton - ha esordito Marcovaldi - abbiamo spinto durante il lockdown su temi come il clienteling, che ha reso possibile ai nostri venditori di interagire con i clienti più importanti da casa, salvaguardando le vendite. Un processo in cui risulta strategico il ruolo del personale di vendita, che oggi può essere formato in due giorni, grazie ai software di customer engagement instore».

«Oggi - ha aggiunto - il tempo da trascorrere in negozio è diventato molto più verticale: i clienti possono fissare appuntamenti e questo ci permette di calcolare quale sarà la forza lavoro necessaria instore. Altra leva importante è il virtual showrooming, ossia la chance di navigare nei punti vendita da casa, scoprendo i prodotti come se si fosse presenti in boutique».

Tra i servizi più interessanti e innovativi implementati da Louis Vuitton durante il lockdown spicca il Curbside pick-up: «Il clienteling da casa viene convertito in una vendita, ossia in pratica il cliente può recarsi fuori dal negozio, dove avviene una cerimonia di vendita in strada attraverso un addetto che, con tutte le precauzioni necessarie, fornisce il prodotto acquistato online. Una soluzione che ha reso possibile mantenere un filo tra il digital e retail, e che abbiamo affrontato anche dal punto di vista dei pagamenti da remoto, adottando una soluzione di payment by link che garantisce totale sicurezza».

Anche nel Gruppo Aeffe il Covid è stato un booster potente per rivoluzionare le dinamiche digitali. «Stiamo sviluppando un processo di internalizzazione del digital - ha precisato Galdenzi - che ci ha salvato e ci ha permesso di spedire anche nei giorni del lockdown, essendo sempre attivi nell'e-commerce e con varie interazioni sui social. A questo proposito stiamo creando una connessione che permette al venditore di contattare il consumatore proponendogli una wish-list, così quando va in negozio trova i capi già sanificati e pronti per la prova». 

«Oggi - ha puntualizzato - il consumatore è sempre più attento ad aspetti come la velocità, l'interazione e la possibilità di pagamenti che non richiedano di dover digitare alcun tasto: chi non avrà questi mezzi rimarrà indietro. Perché se online non deve fare la fila, non vuole farla neanche offline. Quindi stiamo sempre più integrando i due canali, condividendo il know how tra i vari settori affinché entrambi ne beneficino, perché ad esempio la boutique fisica ha maggiori informazioni sul consumatore, mentre l'online vede meglio i dati e il traffico».

«Per il futuro – ha concluso – puntiamo a fidelizzare sempre più il cliente e a questo proposito stiamo implementando tanti tool come app di clienteling, chat, video call. Lanceremo un video che permette di  creare un contatto tra venditore fisico e cliente da casa, ma è chiaro che tutto ciò che è legato alla comunicazione con il cliente finale deve essere super-customizzato, affinché sia possibile fidelizzarlo».

Nella foto, Marc Sondermann, direttore di Fashion ed eBusiness, Mirko Marcovaldi, Director of IS&T Retail and Digital Americas di Louis Vuitton e Gionata Galdenzi, E-Commerce Specialist/Ecommerce Project Manager del gruppo Aeffe

c.me.
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