intanto sita ricerca studia i consumatori

Negozi bimbo: «Di nuovo in campo, ma il virus ci ha tolto la stagione delle cerimonie»

Hanno riaperto molti dei negozi bimbo in Italia, a cominciare dalle catene come Ovs Kids Upim, Prénatal e Bimbostore e, non ultimo, Original Marines, che riavvia per ora 200 punti vendita su 500, integrando la notizia della ripartenza con alcune osservazioni del presidente Antonio Di Vincenzo: «Ci aspettiamo dal Governo un supporto che vada in due direzioni, ossia regole chiare per disciplinare i rapporti tra i proprietari degli immobili e i locatari, in modo da evitare un Far West giudiziario, e sgravi contributivi per poter mantenere stabili i livelli occupazionali».

Ma retail di kidswear nel nostro Paese significa anche un network di innumerevoli punti vendita indipendenti, che dopo un mese e passa di lockdown cercano di tornare lentamente a una parvenza di normalità, anche se tutto è cambiato.

«Per il momento restiamo aperti solo al mattino - dice Erika Bardazzi, titolare di Minimoda a Prato - mentre il pomeriggio è dedicato alle consegne a domicilio, fondamentali in un periodo come questo. Alterniamo le sanificazioni importanti a quelle quotidiane, mettendo a disposizione della clientela, che deve indossare la mascherina, gel disinfettanti e guanti e usa e getta all’ingresso, ma le persone che si sono fatte vedere fisicamente qui finora non sono state molte e hanno lasciato i bambini a casa». Camerini vuoti, dunque: «Passerà del tempo prima di ritrovare i piccoli in negozio, a toccare i vestiti, provarli e riprovarli. Una cosa che prima del Covid era prerogativa soprattutto delle ragazzine, che passavano le ore a specchiarsi e farsi i selfie con gli abiti».

La titolare di Minimoda calcola che, nella migliore delle ipotesi, potrà recuperare un 40% dei ricavi stagionali, «anche perché abbiamo iniziato a perdere presenze già da febbraio, quando i tanti cinesi che vivono in zona hanno cominciato a latitare. Marzo è stato a incasso zero e parte di aprile pure: in tempi normali questo era il periodo delle cerimonie, delle prime festicciole all'aperto, ovviamente della Pasqua, ma il Covid ha congelato tutto».

«In parte stiamo recuperando con il nostro e-commerce - prosegue - che finora ha funzionato solo per determinati articoli ma che stiamo spingendo attraverso i canali social, vere vetrine virtuali da cui i clienti traggono spunto per i loro acquisti, oltre a essere invogliati a tornare progressivamente nel negozio fisico. Instagram e gli altri sono utili nella pratica e per la fidelizzazione di grandi e piccoli. In quest’ottica siamo sbarcati su TikTok e stiamo studiando iniziative di entertainment online, partendo forse da una challenge».

In Puglia, a Barletta, Verdiana Pedico di Pedico Boutique (nella foto) informa di stare lavorando attraverso appuntamenti fissati telefonicamente, con personale di vendita a rotazione instore, utilizzo di due porte d’ingresso per organizzare entrate e uscite e la massima attenzione alle regole igienico-sanitarie. «Chi è venuto finora, rigorosamente con mascherina  - spiega - si è orientato in particolare al corredino neonato, perché il coronavirus può fermare tutto, ma non le nascite».

Anche Verdiana Pedico si rammarica per la stagione che non c'è stata, quella delle cerimonie: «Il grosso delle vendite in quest'ambito lo avevamo fatto già a gennaio e febbraio - racconta - ma ora c'è purtroppo la fase di ritorno. Le varie comunioni e così via sono state posticipate a data da definirsi, nel frattempo i bambini sono cresciuti e quindi i genitori riportano indietro i vestiti. Li orientiamo sul cambio taglia, ma a volte pretendono il reso e le aziende dovrebbero darci una mano. Non è questa la fase in cui si possono deludere i clienti, soprattutto quelli più affezionati, e se prima il servizio era importante, ora lo è ancora di più».

Intanto Verdiana e la sua famiglia pensano a come approcciare nel modo giusto l'omnicanalità. «Da un lato i social sono indispensabili e, dall'altro, vogliamo andare oltre e stiamo studiando un nostro sito di vendita online», conclude la dettagliante.

All'estremo opposto della Penisola si trova il negozio Derby Yunior di Brunico, la cui proprietaria Wally Schafer conferma la modalità d'acquisto tramite invio di immagini, consegna a domicilio e pagamento con bonifico. «Qualche cliente arriva - racconta - alla ricerca soprattutto di proposte per il baby e la nascita, oltre ad accessori come calze e collant. Ma se una persona abita in un comune diverso, anche poco distante da qui, per ora le è vietato raggiungerci».

«Non so calcolare precisamente il danno provocato dal Covid-19 alla mia attività - prosegue - ma credo che potrà essere intorno al 50%. Qui siamo molto legati al turismo, che si è bloccato in mesi strategici ma che un domani potrebbe forse un po' riprendersi, con una clientela però esclusivamente italiana. Le aziende ci hanno dato un po' di ossigeno spostando i pagamenti, ma non basta: devono affrontare insieme a noi il problema dei resi e, in generale, mostrare elasticità in una situazione eccezionale. Di vendita online non se ne parla, perché c’è troppa concorrenza e credo che alla fine siano più spese che guadagni».

Per il momento le tre boutique interpellate vogliono tenere duro sui prezzi: niente sconti immediati. «Resistiamo - afferma Erika Bardazzi di Minimoda - e, se saldi devono essere, vedo settembre come il mese giusto». «Non è semplice mantenere le posizioni, mentre alcuni siti ci stanno dando già dentro con le promozioni - interviene Verdiana Pedico -. Però vogliamo recuperare il più possibile e il prezzo pieno è l'unica strada. Sui saldi a settembre diciamo che il dibattito è aperto, anche se è vero che la vendita dell'autunno-inverno, che in genere inizia ad agosto, sicuramente slitterà. Quanto a una proposta lanciata provocatoriamente qualche tempo fa, ossia saltare la primavera-estate 2021 visti i magazzini pieni, purtroppo non è la soluzione: senza novità è difficile che scatti l’acquisto». «Più che individuare un periodo preciso di sconti - riflette Wally Schafer - preferisco pensare a piccole promozioni periodiche, legate a singole merceologie, anche se per ora il diktat è vendere full price».

Il Covid-19, concordano le dettaglianti, segnerà uno spartiacque anche in fatto di gusti e priorità d'acquisto: «La gente cercherà la qualità, qualcosa che valga la pena di comprare. Le collezioni non potranno che essere più mirate e concentrate», osserva Verdiana Pedico. In sintonia Erika Bardazzi, che si rifà a quanto detto da Armani nei giorni scorsi, ossia che la moda deve tornare a stagioni più scadenzate e smetterla di inondare il mercato di proposte. «I genitori compreranno meno ma, mi auguro, meglio e privilegiando il made in Italy», chiosa Wally Schafer.

Intanto Sita Ricerca ha fotografato il consumatore italiano di kidswear in questa fase, esaminando un campione di 800 persone nel fine settimana del 12-13 aprile, quindi a ridosso della riapertura dei punti vendita.

Il 47% delle famiglie con figli dagli zero ai 14 anni ha espresso parere favorevole al reopening, anche se con un atteggiamento più prudente nel Nord Italia, particolarmente colpito dall'emergenza sanitaria.

Il 47% ha affermato di voler acquistare innanzitutto online e una percentuale non irrilevante (quasi il 35%) ha detto di voler rimandare gli acquisti a tempi più sicuri. Il 21,6% privilegia in questo momento grandi superfici e supermercati, in modo da acquistare mentre fa la spesa, ma il 17,9% spezza una lancia a favore dei piccoli negozi di quartiere, soprattutto al Sud. Il 16,4% si affida invece alle insegne monomarca.

Non sorprende che la maggioranza degli intervistati (59%) pretenda una limitazione degli accessi instore e il 48,5% il controllo da parte del personale del rispetto delle norme igieniche da parte della stessa clientela. Il 42,8% non transige sui dispositivi igienizzanti all'ingresso e il 39,7% vuole essere sicuro che tutto sia sanificato. Il 24,5% non disdegnerebbe promozioni e sconti, ma una percentuale solo lievemente minore (22,7%) conta sulla valorizzazione dei prodotti made in Italy.

Le boutique più ricercate sono quelle di prossimità (58,5%), con un bello stacco rispetto ai negozi nei centri commerciali (23,6%).

Almeno in questa fase, infine, la maggioranza (62%) degli intervistati da Sita Ricerca si focalizza a livello di merceologie su abbigliamento intimo e calze, il 53,7% sulle calzature, il 49,3% sull'abbigliamento esterno e il 16,2% sugli accessori.

a.b.
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