Il Dpcm picchia duro su ristorazione e cultura, ma anche la moda - apparentemente risparmiata, visto che non sono previste restrizioni per i punti vendita - risulta fortemente penalizzata in una situazione praticamente di "lockdown 2".
Un quadro che si aggrava in determinate regioni, tra cui la Lombardia, in seguito alle chiusure previste di sabato e domenica per le grandi strutture commerciali e relativi negozi, ad eccezione di quelli dei settori alimentare, cosmesi, parafarmacia e delle farmacie.
In un'intervista a MFFashion Renato Borghi (presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio) non nasconde la preoccupazione. «A marzo, quando è cominciato il lockdown - dice - avevamo previsto la chiusura per l'anno in corso di 17mila punti vendita. Ora ne stimiamo 20mila, con il rischio di 50mila addetti in meno e una perdita complessiva di 20 miliardi di euro di business».
L'impatto derivante dalla chiusura di sabato e domenica non può che essere devastante per il settore secondo Borghi: «Significa perdere tra il 50% e il 60% di fatturato dei centri commerciali. È scontato che il bene primario di tutti sia la salute, ma certo ci diventa difficile subire questi provvedimenti quando abbiamo accettato qualsiasi norma richiesta. Tanti imprenditori hanno speso una vita per aprire un negozio, hanno resistito, investito per essere in regola con le nuove normative. Il governo deve ristorare queste imprese e mettere a disposizione miliardi di euro per andare avanti».
I 45 milioni di euro destinati al sistema moda all'interno del Decreto Rilancio sono secondo Borghi una somma insufficiente, «che deve essere moltiplicata almeno per 10 volte. La moda non può essere affossata».