Sono sempre di più gli italiani che reputano «ingiuste» le chiusure dei negozi che vendono moda. L’edizione di marzo dell’Osservatorio Fashion & Emergenza Sanitaria di Sita Ricerca evidenzia che ne è convinto il 67% del campione, contro il 62% di gennaio (circa 800 interviste mensili).
Tra questi contrari agli stop, il 41% pensa che danneggino economicamente i negozi e i produttori di abbigliamento e accessori. Un altro 21% pensa che i negozi abbiano personale e dispositivi che garantiscono la sicurezza dei clienti, mentre il 16% risponde che l’accesso agli store è regolamentato. Il problema è dato più che altro dagli altri frequentatori dei negozi di moda: solo il 9% ritiene che rispettino le misure di sicurezza.
Il report di Sita Ricerca riporta, inoltre, l’andamento del sell out di febbraio aggregando abbigliamento, accessori, intimo e calzetteria: -12% rispetto al febbraio 2020, che solo in coda aveva risentito del calo dell’affluenza nei negozi di moda e un dato migliore del -30% di gennaio. Come osservano dalla società di ricerche, la performance di febbraio tiene conto di valori molto diversi a seconda del canale: si va dal -30% dei multimarca di moda al +35% dell’e-commerce (circa in linea con gennaio).
A livello merceologico, mentre prosegue il tracollo del mondo “cerimonia”, febbraio ha mostrato un incremento degli acquisti di capi per la scuola e per l’ufficio: un rimbalzo positivo che lasciava ben sperare, ma le nuove disposizioni di chiusura hanno rimesso tutto in discussione.
A proposito di sentiment, solo il 30% dei consumatori italiani di moda vede rosa: si sentono sicuri quando vanno in giro e per negozi, soprattutto perché confidano nella diffusione dei vaccini e nelle regole imposte per lo shopping in sicurezza oppure perché pensano che il Covid colpisca solo certe categorie. Il 70% si dice invece preoccupato, in primis perché i vaccini non stanno arrivando.
Di positivo c’è che la moda resta tra le principali categorie, quando si tratta di propensione all’acquisto: è terza, mentre al primo posto ci sono i prodotti per la salute e al secondo quelli per la manutenzione della casa.
Relativamente alle modalità di acquisto, un 15% del campione dice che continuerà ad andare in negozio come ha sempre fatto e una quota analoga pensa che ci andrà in caso di necessità, mentre un 20% sta rimandano la spesa ai prossimi saldi estivi. Il 25% comprerà online, il resto si muoverà sia in Rete che nel canale tradizionale, a seconda delle opportunità e dell’andamento dei lockdown.
Come è noto in questo periodo di pandemia i pure player dell’e-commerce di moda ma anche i grandi brand, dal lusso al fast fashion, stanno attraendo una quantità considerevole di utenti che non avevano mai acquistato prima sul web e il numero continua a crescere. Le barriere all’acquisto restano principalmente due: il fatto di non poter provare i capi (lo dice il 35% degli intervistati) e di non poterli toccare (22%). Problemi che, come fanno notare da Sita Ricerca, si stanno superando in vari modi. Per esempio con il passaparola e i consigli degli amici che sono già provetti e-shopper, oppure provando in negozio (quelli che possono restare aperti, perché magari vendono anche intimo, calze e childrenswear) e acquistando online.