SPARITI DAL 2019 OLTRE 52MILA NEGOZI

Confesercenti: «Calo dei punti vendita, si può arginarlo ma non bisogna perdere tempo»

A fine 2023 si conteranno in Italia oltre 52mila negozi in meno rispetto al 2019, -7%. Se la pandemia è stata un duro scoglio da superare, il resto lo hanno fatto inflazione e caro energia, che hanno eroso la capacità di spesa delle famiglie: nell’ultimo biennio il potere d’acquisto degli italiani si è ridotto di 14,7 miliardi di euro, oltre 540 euro in meno per nucleo familiare.

Nel 2022 la perdita di potere d’acquisto si è aggirata sugli 11,8 miliardi di euro e quest’anno è prevista un’ulteriore flessione di 2,9 miliardi: ciò significa che la capacità di spesa raggiunta nel 2021 non verrà recuperata prima del 2027. Del resto, nei primi quattro mesi del 2023 il tasso di inflazione è stato pari all’8,8%, superando la media inflazionistica dell’8,2% registrata nel 2022.

Dati emersi da Il Commercio Oggi e Domani, uno studio sul futuro della distribuzione commerciale condotto da Confesercenti e Ipsos, presentato oggi (15 maggio)  alla Sala di Vibia e Adriano a Roma, alla presenza del ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso. L’indagine è stata realizzata su un campione di 1.000 consumatori di ogni età, che nonostante tutto opta ancora per il canale fisico in sei categorie merceologiche su nove.

L’online è preferito nel settore Viaggi e vacanze (72%) e anche nell’Elettronica/Prodotti tecnologici (62%). L’e-shopping piace anche per la moda, seppure in misura minore (52%, ma 48% nel caso di articoli e abbigliamento sportivi). A comprare sul web sono soprattutto i nati tra il 1981 e il 1996 (Generazione Y), mentre a sorpresa i giovanissimi Zoomer sono attratti dal canale fisico, tranne che in comparti come la cosmesi e l’elettronica.

Una riscoperta che non basta ad arginare l’emorragia di negozi, soprattutto di vicinato, a partire da quelli del fashion (-8.553 unità rispetto al 2019, -6,3%), anche se a soffrire di più (-13,5%) sono edicole e cartolerie. In controtendenza, tra gli altri, i punti vendita di frutta e verdura (+2%).

Scarseggiano le nuove aperture: nel 2022 sono nate solo 22.608 attività, il 20,3% in meno del 2021. Un numero insufficiente a compensare le oltre 43mila imprese che hanno abbassato per sempre la saracinesca: il bilancio è negativo per oltre 20mila unità, con una media di oltre due negozi spariti ogni ora. Nei primi tre mesi del 2023 i new opening sono stati ancora inferiori (-18%) rispetto a quelli registrati nello stesso periodo del 2019.

Confesercenti e Ipsos stimano che da qui al 2030 si verificherà una contrazione di circa 73mila attività commerciali di vicinato (-11% sul totale), al ritmo di -18 negozi al giorno. Per invertire la rotta l’associazione propone una doppia piattaforma di interventi.

«È necessario - si legge in una nota - dare attuazione velocemente alla delega fiscale, riducendo la pressione delle imposte sulle famiglie. In particolare, sarebbe opportuno detassare gli aumenti contrattuali per il prossimo biennio: una simile misura potrebbe generare 3 miliardi di euro di consumi aggiuntivi già a partire dalla prossima tornata contrattuale».

Allo stesso tempo, per sostenere le attività di vicinato, «occorre introdurre misure strutturali, con un pacchetto di formazione per gli imprenditori, sostegni all’innovazione, una fiscalità di vantaggio per le piccole imprese della distribuzione con fatturato inferiore ai 400mila euro annui e la cedolare secca per le locazioni commerciali, subordinandone l’accesso alla concessione di un canone concordato al locatario, verificata e garantita dalle associazioni di categoria».

«Siamo convinti - concludono da Confesercenti - che con queste misure sarebbe possibile ridurre l’erosione delle quote di mercato delle piccole superfici, recuperando 5,5 miliardi di euro di vendite e salvando quasi 30mila attività commerciali di vicinato dalla scomparsa nei prossimi sette anni».

 

A cura della redazione
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