Nonostante la pandemia, l'anno scorso le 100 più grandi aziende di beni di lusso al mondo hanno generato vendite per 252 miliardi di dollari, 29 miliardi in meno rispetto al 2019 (-12,2% a tassi di cambio costanti), ma con un profit margin positivo del 5,1%.
È quanto emerge dall'ottava edizione del Global Powers of Luxury Goods, lo studio annuale di Deloitte, Fashion & Luxury a livello globale, sulla base delle vendite consolidate nell'anno fiscale 2020.
La top ten dei big del lusso è pressoché stabile rispetto alla scorsa edizione, con un principale cambiamento, ossia che Hermès entra per la prima volta nella top ten al nono posto, registrando anche la migliore performance in termini di net profit: 21,7%.
Per il quarto anno consecutivo, il quartetto dei migliori player del lusso è composto dai colossi come Lvmh, Kering, Estée Lauder e Richemont. Il gruppo L’Oréal e Chanel rimangono stabili, rispettivamente al quinto e sesto posto, così come EssilorLuxottica in settima posizione.
Nonostante l'intera Top 10 abbia registrato una diminuzione delle vendite, eccezion fatta per Pvh - il cui fatturato è cresciuto del 3,8% -, tutte le aziende hanno chiuso l’anno con un net profit positivo.
L'Italia si conferma come primo Paese del lusso mondiale, posizionando ben 26 aziende fra le 100 che costituiscono la graduatoria. I nuovi ingressi di questa edizione vedono protagonisti Golden Goose (86°), Morellato (87°), Sportswear Company (Stone Island) (88°), CrisConf (Pinko) (100°). Rientra in classifica anche Damiani, al 99° posto.