Un booster per i brand

McKinsey: «L’AI generativa sarà una rivoluzione copernicana per la moda»

L’intelligenza artificiale generativa (che tra i suoi algoritmi più famosi annovera l’ormai stracitato Chat Gpt) potrebbe portare enormi vantaggi alla moda: lo sostiene uno studio della società di consulenza McKinsey, esplorando le potenzialità di questa branca dell’intelligenza artificiale in grado di generare contenuti evoluti (immagini, testi, suoni, codici, video, simulazioni e altri), oltre che di riconoscerli e classificarli.

Secondo McKinsey, dall’interazione fra un team stilistico e questa forma di AI potrebbero scaturire abiti e accessori da immettere sul mercato più velocemente, con sistemi di vendita più efficienti e con un upgrading della customer experience. Si ridurrebbero i margini di errore grazie a un’analisi rapida, approfondita e multisfaccettata dei dati provenienti dal mercato e dai social media.

I direttori artistici e i loro team potrebbero immettere in una piattaforma “powered by generative AI” sketch, tessuti e palette colori, ottenendo in automatico un’enorme varietà di stili e look da interpretare liberamente o da utilizzare per limited edition e colab tra i brand, magari servendosi della progettazione in 3D. Nel caso specifico degli occhiali, grazie a strumenti di riconoscimento facciale si arriverebbe a un elevatissimo grado di customizzazione.  

Alla voce marketing, la comunicazione con la clientela diventerebbe super-personalizzata, il che secondo McKinsey porterebbe a un +40% di ricavi. Passando al servizio, si lascerebbero al passato gli errori degli attuali chatbot, riuscendo invece a rispondere a richieste complesse in varie lingue.

L’assistenza one-to-one ai clienti, che ancora oggi si affida a procedure analogiche e manuali, diventerebbe appannaggio dell’AI, in grado di interagire online in tempo reale e tramite modalità "umane" con le persone e di profilarle. I loro feedback e commenti, attraverso lo storico continuamente aggiornato di testi, e-mail, recensioni e post, porterebbero a conoscerle profondamente e ad anticiparne le richieste. I try-on virtuali, già in uso soprattutto nel beauty, sono uno dei tanti aspetti che con la nuova tecnologia diventerebbero ancora più aderenti alla realtà.

I vantaggi dell’AI generativa si ripercuoterebbero infine sull’operatività day-by-day, dalla gestione della supply chain e della logistica a quella dei punti vendita, fino all’organizzazione generale delle aziende, partendo dalla produzione: si pensi solo alla robotica e ai suoi sviluppi. «Non si tratta solo di automazione – chiarisce il report – ma di un potenziamento e un’accelerazione a 360 gradi».

«Tutto ciò porterebbe nell’arco di tre-cinque anni ad aggiungere agli utili operativi del settore moda e lusso fino a 150 miliardi di dollari, secondo una previsione conservativa, che potrebbero diventare 275 miliardi», sostengono da Mckinsey.

Detto questo vanno considerati anche i rischi, legati ad aspetti tutt'altro che secondari quali la proprietà intellettuale e i diritti creativi legati alle opere generate dall’AI, la sottovalutazione in campagne fin troppo evolute di aspetti che potrebbero risultare offensivi o inappropriati e l’inadeguata preparazione degli addetti, se non sottoposti a un training adeguato. E quando si parla di addetti si intendono praticamente tutti, dai designer ai marketer, fino a chi si occupa del customer service.

Un fattore, quest’ultimo, che un brand come Levi’s ha preso in considerazione anticipando i tempi: come ricorda McKinsey, ha istituito già nel 2021 un boot camp sul machine learning per formare i dipendenti “non-tech” e portarli a creare, una volta terminato il programma, tool basati sull’AI utili per il loro lavoro, grazie anche a una maggiore interazione con il personale “tech”.

A cura della redazione
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