il dna RIVISITATO Da GHESQUIÈRE

Louis Vuitton guarda l’heritage francese con un paio di occhiali high tech

Uno spazio storico come il Musée d’Orsay, riletto attraverso le strutture geometriche di Philippe Parreno insieme al designer di produzione James Chinlund, ha fatto da sfondo allo show FW 23/24 di Louis Vuitton a Parigi. Una scenografia che ha rispecchiato il mood della collezione, all’insegna di un «classicismo con twist», come ha detto il direttore creativo Nicolas Ghesquière ai giornalisti.

Tutto parte dalla domanda: «Cos'è lo stile francese?». La risposta, spiega un comunicato, «è una moda evolutiva, un palinsesto di correnti multiple da tutto il mondo, in cui le convenzioni della moda abbracciano una stupefacente miscela di culture, per diventare ciò che è conosciuto come l'eccezione francese». Partendo da un paradosso («La raffinatezza con un'aria da dilettante») l'allure francese «è un trompe-l'oeil che non manca mai di affascinare».

Peccato che questa ode alla francesità, già presente nel video teaser pre-show sotto forma di una bandiera bianca, rossa e blu (i colori sia della Francia che della Russia), sia stata interpretata dal funzionario ucraino Mykhailo Podolyak, vicino a Zelensky, come un appoggio a Putin. Il suo tweet al vetriolo ha infiammato i social e vedremo se e come la casa di moda risponderà alle dure parole di Podolyak.



Tornando a parlare di moda, quello della FW23/24 è un guardaroba che racchiude l'anima del viaggio tra passato e futuro: c'è spazio per gli "occhiali" fosforescenti con due fessure che lasciano appena intravedere gli occhi, ma anche per la borsa a mano che riproduce un tipico palazzo parigino. Dagli outfit traspaiono rimandi all’arte, per esempio nell’abito di cui balza all’attenzione il colletto bianco, sovradimensionato, che sembra quasi ritagliato su carta.


Ma Ghesquière non dimentica la funzionalità, con il morbido tailleur dove le grandi tasche in pelle nera sembrano sostenute da bretelle. Immancabili tra gli accessori le lunghe sciarpe che toccano quasi terra.



A cura della redazione
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